“Anatomia di una caduta…”

Fra un mese ci saranno gli Oscar e devo ancora vedere questo film .Me hanno parlato in maniera entusiasta.Spero di riuscirci prima dell ’11 Marzo…

Trama

In una regione remota delle Alpi francesi si dipana questo dramma. Sandra, una autrice tedesca, abita in uno chalet di montagna con il marito Samuel e il loro figlio undicenne, Daniel, che purtroppo è non vedente.

Un giorno, Samuel viene trovato senza vita, sepolto dalla neve proprio di fronte alla loro casa. Le circostanze della sua morte sono avvolte dal mistero e gli investigatori iniziano a sospettare che il suo decesso potrebbe non essere stato un suicidio. Decidono quindi di avviare un’indagine approfondita, con Sandra che diventa la principale sospettata di omicidio, portando all’incriminazione ufficiale.

Un anno dopo la tragica perdita di Samuel, sia Sandra che il figlio Daniel si trovano di fronte al tribunale per il processo. Durante l’interrogatorio sulla sua relazione con il marito, emergono dettagli di un rapporto con molti alti e bassi. Sandra rivela tratti di una personalità turbata e il figlio, costretto a essere testimone di questa situazione, lotta con conflitti interiori profondi.

Quando anche Daniel viene chiamato a testimoniare e la trama si complica ulteriormente…

 Un grande film, di notevole finezza e forza, e che se, per l’ennesima volta, la rappresentazione è concentrata sulle problematiche della borghesia, c’è tuttavia il coraggio di virare con nettezza in favore dell’ambiguità delle cose. Il bello è che lo fa in una prospettiva femminista, quella sì senza ambiguità. Riuscendoci, nella sua dimensione più esplicitamente militante, anche molto bene. Ma che si voglia femminista senza ambiguità, è ancora apparenza. E anche per questo raggiunge una dimensione universale.

Riesce perfino a dire qualcosa di nuovo e profondo sul solito tema della finzione che si fonde con il reale. La protagonista è infatti una nota scrittrice che sbandiera il suo lavoro incentrato sull’autofiction. L’intreccio si fa qui a tal punto inestricabile da diventare non solo una sorta di specchio del reale e della finzione, ma una moltiplicazione di specchi più piccoli di quelli principali..

.Reinventando il film processuale, la regista ne fa anche un’opera di metacinema, facendo ascoltare o riascoltare da punti di vista diversi momenti di vita, tutti intimi, che corrispondono sempre, in questo film che comincia con una morte fuori campo, a quello che era fuori campo, visivo o audio che sia. In questo modo il cinema intimista, tipico della Francia, è destrutturato, così com’è destrutturata, vivisezionata, l’esistenza della protagonista. E quella di suo figlio, Daniel. Amplificata dai mezzi di informazione, la lettura univoca dell’accusa è a sua volta destrutturata e vivisezionata.

Così, quel che (ap)pare acquisito e difficilmente confutabile è rimesso continuamente in discussione, in un senso o nell’altro, in un vortice, una girandola caleidoscopica che sorprende sempre lo spettatore. La pallina rimbalza, incessantemente, quasi fino alla conclusione. A quel punto non solo ci si accorge di aver assistito, sia in diretta sia in differita, a un grande film sull’infanzia rubata, violentata, traumatizzata (più volte), ma anche alla lotta estrema di un adolescente per riappropriarsi il più possibile di quanto stanno cercando di sottrargli. Un ragazzo cieco, ma che sarà determinante nell ‘aiutare tutti a vedere meglio…

Il film ha appena ottenuto 4 candidature agli Oscar e già premiato come miglior film in lingua non inglese ai Golden Globe 2024.
La pellicola diretta da Justine Triet con protagonista una strepitosa Sandra Hüller ha trionfato non solo alla notte dei globi dorati da poche ore conclusasi: ricordiamo infatti che ha vinto anche la Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes.

Osannato dalla critica internazionale, il film Anatomia di una caduta si basa su una sceneggiatura scritta a quattro mani dalla regista Justine Triet e da Arthur Harari, suo compagno nella vita, oltre che nel lavoro.
A fare grande questa opera è anche un cast “in stato di grazia”, come si suol dire: Sandra Hüller in primis, ma anche i compagni di set Vincent Swann, Arlaud Daniel, Milo Machado Graner, Antoine Reinartz, Samuel Theis, Jehnny Beth, Saadia Bentaïeb, Camille Rutherford e Anne Rotger. Tutti gli attori sono riusciti con grande maestria a rendere Anatomia di una caduta un gioiello filmico eccezionale.

Oltre ad avere ottenuto grandi soddisfazioni sul piano della critica, anche quelle lato box office non sono mancate all’appello, anzi. Al botteghino francese il film ha riscosso uno strepitoso successo, totalizzando oltre un milione di spettatori nel primo mese di programmazione.
Il film è stato presentato in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma.



“Fusa,coccole e caffè…”

 A Firenze sbarca il bar dei gatti…..

Da qualche anno si è diffusa una nuova tendenza dedicata agli amanti dei gatti: i cat cafè. Bar in cui concedersi una pausa rilassante a base di caffè, buon cibo e tante, tantissime coccole, dove i padroni di casa sono ovviamente i piccoli felini. Da febbraio anche Firenze avrà il suo cat cafè, grazie all’idea di Mirella che ha deciso di investire in questo progetto dopo una vita passata nel settore dei viaggi. “Ovviamente tutto nasce dalla mia passione per i gatti – racconta la 47enne di origini siciliane -. In questo momento ne ho otto in casa, poi cinque si trasferiranno nel bar. Ho preso ispirazione dal Giappone, paese che amo e che ho visitato più volte, perché il “Neko Cafè” nasce proprio lì”. 

Mirella ha deciso di unire le sue passioni e farne un lavoro, visto anche le difficoltà che il settore dei viaggi ha subito dopo la pandemia. “Ho lavorato con varie realtà, poi col Covid tutto è cambiato. Per fortuna ho avuto la possibilità economica per investire in ciò che amo”.

Il bar, che verrà inaugurato i primi giorni di febbraio, nascerà in Via Verdi 18/r, a due passi da Santa Croce, e avrà una trentina di posti a sedere. Dalla colazione all’aperitivo, sarà possibile rilassarsi e bere qualcosa di caldo insieme ai padroni di casa. I gatti gireranno tra gli ospiti a loro piacimento per il locale, che dispone di una stanza per tutti e una a vetri accessibile solo agli amici a quattro zampe, dove potranno riposarsi in tutta tranquillità. “Il cliente potrà comunque osservarli, così quando vogliono riposarsi o stare per i fatti loro non ci saranno problemi”. 

Ogni tavolo avrà a disposizione dei giochini per intrattenere i gatti, che sono stati selezionati per socievolezza, e quindi abituati a stare con le persone. “Potranno essere coccolati e se vogliono salgono in braccio. Tra l’altro non perdono pelo, perché non hanno il sottopelo” spiega Mirella, che non vede l’ora di aprire la sua nuova attività. “Le persone fremono per venirci a trovare.

Ho già ricevuto tantissimi messaggi, anche perché siamo i primi non solo a Firenze, ma in tutta la Toscana. Per me è un sogno che si realizza. Insieme al mio staff abbiamo voglia di far passare alle persone un momento di relax. Da noi si viene, si sorride e si sta bene”. 

Una dieta di pizza,pasta e focaccia……

Sarebbe la mia dieta ideale,anche se devo regolarmi per non diventare 100 kg.Per questo mi piace conoscere i vari tipi di farina…..e poi,non non sono poetici i vecchi mulini di farina ormai così rari?…

Con il termine FARINA,si indica un alimento ottenuto dalla raffinazione del grano tenero usato in cucina per la panificazione e per la realizzazione di prodotti da pasticceria. La farina di grano duro, invece, viene chiamata anche semola ed è l’ingrediente base della pasta.

Se la farina bianca che tutti noi utilizziamo è quella più raffinata e povera delle proprietà contenute nel chicco di grano, la farina integrale è la più completa dal punto di vista nutrizionale. Essa, infatti, conserva intatte le componenti del germe del grano intero, ed è ricca di fibre, vitamine, antiossidanti e sali minerali.

C’è quella di grano tenero, quella di grano duro e poi di farro, di mais e tante altre: le farine sono un ingrediente fondamentale per la preparazione di moltissime ricette e vere protagoniste della cucina mediterranea.

Prodotte dalla macinazione di cereali, pseudocereali, legumi e frutta secca, le farine differiscono tra di loro per valori nutrizionali, calorie e utilizzo. Sì, perché l’universo delle farine è ampio e variegato: se però impari a conoscere le differenze, ti sarà possibile scegliere quella più adatta alle esigenze del tuo organismo e anche ottenere ottimi risultati in cucina.

Per questo motivo, ti abbiamo preparato una panoramica sulle farine più note e anche su qualcuna di quelle meno conosciute: scopri tutto quello che devi sapere per usarle al meglio!

Cenni generali sulle farine

Il termine farina deriva dal latino far, ovvero farro, un cereale molto apprezzato e diffuso ai tempi dei romani.

Oggi la farina più diffusa è quella ricavata dal grano, tenero o duro, ma si possono trovare anche farine di segale, di grano saraceno, di castagne, di mais, di riso, di soia o di ceci. Ognuna ha le sue caratteristiche, tra cui anche la diversa quantità di glutine che contengono, cioè quel complesso proteico che si sviluppa quando gliadina e glutenina vengono a contatto con l’acqua.

Si trovano in commercio anche farine senza glutine, indispensabili nella dieta di chi soffre di celiachia.

In linea generale possiamo dire che la farina di grano tenero è la più adatta per la panificazione, dalla pasticceria alla pizza al pane.

Quella di grano duro (o semola) è invece ideale per produrre la pasta secca. Viene comunque usata anche negli impasti del pane, mescolata con quella di grano tenero o da sola: il pane di Altamura ad esempio contiene il 100% di farina di grano duro.

Ci sono poi altre farine che, quando mescolate nella giusta quantità a quella di grano tenero, si possono utilizzare per preparare pane e pizze, tra cui, a titolo esemplificativo, ricordiamo:

  • la farina di mais. Più adatta alla panificazione, ha una grana molto fine e un sapore dolciastro;
  • la farina di farro. Ha una buona capacità di sviluppare glutine e può essere aggiunta all’impasto fino al 50%;
  • la farina di riso. Molto usata nelle cucine orientali, essendo ricca di amido, va aggiunta in minima parte all’impasto;
  • la farina di segale. Tradizionalmente usata in Nord Europa per il pane a lievitazione naturale, si mescola alla farina di frumento, compensandone la scarsa quantità di glutine;
  • la farina di quinoa. Con ottimi valori nutrizionali, può essere impiegata per un terzo nella quantità dell’impasto;
  • la farina di ceci. Può essere mescolata in bassa percentuale alla farina di grano tenero per la preparazione del pane.

Vediamo ora nel dettaglio le caratteristiche delle diverse farine

Farine di grano (o frumento)

Questo tipo di farina viene ottenuto passando sotto la macina le infiorescenze del frumento, i chicchi, che vengono separati dalla parte non commestibile della pianta. Una volta giunti sotto pressa, quelli più friabili diventeranno farina di grano tenero, quelli più coriacei daranno origine a quella di grano duro.

Farina di grano tenero

Bianca e fine, è composta da elevate quantità di proteine e amidoIl grado di panificabilità delle farine di grano tenero viene misurato con l’indice di forza (W), cioè la quantità di glutine che riescono a sviluppare e la sua conseguente capacità di assorbire acqua. Il suo valore è legato alla ricchezza proteica del grano: più elevato il contenuto di proteine nel chicco, più glutine sarà sviluppato nell’impasto.

Grado di raffinazione e forza distinguono le farine di grano tenero in:

  • farina di tipo 00. Il più raffinato, ricco di amido, sali minerali e vitamine;
  • farina di tipo 0. Ha un contenuto proteico più basso della 00, molti amidi ed è fonte di carboidrati. Come la 00, contiene molto glutine e il suo indice di forza è alto;
  • farina di tipo 1. Meno raffinata delle prime due, è nota per contenere più crusca e germe del grano;
  • farina di tipo 2. Si distingue per l’alto contenuto di fibra, oltre che di crusca.

Farina di grano duro

Detta anche semola, questa farina ha un colore un po’ più scuro e possiede una maggiore capacità di assorbimento dell’acqua.

In essa, troviamo buone quantità di sali minerali, come ferro e potassio, di vitamine e carotenoidi, pigmenti vegetali capaci di contrastare l’azione dei radicali liberi, coinvolti nei meccanismi di formazione dei tumori.

Farina di frumento integrale

Si ottiene dalla macinazione del germe di grano intero, quindi contiene tutte le parti del chicco ed è per questo un alimento completo.

Ha un alto contenuto di fibre, vitamine del gruppo B – poco presenti nella bianca – e di sali minerali, quali calcio e magnesio.

Grazie alla presenza di fibre, la farina integrale dà un senso di maggiore sazietà e favorisce la regolarità intestinale. Inoltre aiuta l’organismo a limitare l’assunzione di grassi e a tenere sotto controllo la quantità di insulina presente nel sangue. Tutti aspetti molto importanti se stai seguendo una dieta ipocalorica. 

Farine adatte ai celiaci

Chi soffre di celiachia, deve seguire una dieta priva di glutine e per questo motivo usare farine alternative a quella di frumento, ricca di questa sostanza.

Oltre alla farina di mais già citata, esistono diverse farine derivate da cereali che non contengono glutine. Oltre a quella di mais, ricordiamo la farina di:

  • riso
  • miglio
  • teff
  • sorgo

In commercio, si trovano anche farine gluten free derivate da pseudocereali, vegetali che non appartengono alla famiglia delle graminacee. Tra queste, segnaliamo quella di:

  • grano saraceno
  • quinoa
  • amaranto
  • canapa sativa

Prive di glutine sono anche le farine di legumi. Tra queste:

  • farina di ceci
  • farina di fagioli
  • farina di lenticchie

Queste farine hanno un contenuto più alto di proteine rispetto alle altre, quindi bisogna tenerne conto quando si calcola la percentuale di nutrienti da inserire nella propria alimentazione.

 Farine senza glutine: proprietà e usi in cucina.

Le più note tra quelle in commercio, sono:

Farina di mais

Una farina ideale per chi soffre di celiachia, perché il mais non forma glutine a contatto con l’acqua. Questo cereale infatti, contiene scarsa quantità di gliadina, mentre è ricco degli aminoacidi alanina e leucina.

Contiene molto amido, vitamina A e vitamina E. Rispetto a quella di frumento è invece più povera di proteine e soprattutto di vitamine del gruppo B, motivo per cui un suo eccessivo consumo, favorisce l’insorgere della pellagra.

Dal sapore dolce e delicato, è adatta agli usi più diversi, primo tra tutti quello che la vede protagonista nella preparazione della polenta. Ne esistono vari tipi (integrale, “fumetto”, fioretto”, di mais tostato, o bramata).

Oltre che per il pane, questo tipo di farina può essere usato per preparare dolci (crepes), le tortillas messicane, i rustici e le panature.

Farina di castagne

Messa oggi in posizione di secondo piano, rappresentava invece un ingrediente molto usato nella cucina contadina. Il suo impiego è legato principalmente all’ambito dolciario (famoso il castagnaccio, tipico della Toscana). Mescolata con la farina bianca, può essere usata per preparare pasta e gnocchi.

na di castagne contiene fibreacido folico e fosforo. È anche povera di colesterolo e glutine, mentre è ricca di altri sali minerali quali ferro e calcio.

Farina di ceci

Molto popolare nella tradizione culinaria siciliana, la farina di ceci costituisce l’ingrediente base delle panelle, frittelle di origine araba, simbolo dello street food di Palermo.

È ricca di fibre, aminoacidi essenziali, vitamine del gruppo B, A e C. Oltre ad essere priva di glutine, è povera anche di colesterolo, mentre il basso indice glicemico la rende adatta a combattere l’insorgenza del diabete.

Farina di soia

Si ottiene dalla macinazione dei semi di soia e, rispetto alla farina bianca, contiene meno amido ed è quindi più digeribile. Ha un ottimo contenuto di proteinezuccheri semplici (viene spesso consigliata nella cura del diabete) e fitoestrogeni (isoflavoni).

Questi composti chimici di origine vegetale, svolgono un’azione simile a quella degli estrogeni e per questo, sono ottimi alleati nel contrasto dei sintomi della menopausa.

È una delle farine meno adatte alla panificazione, mentre viene invece molto usata nella cucina vegana, come sostituto del latte, della pasta o dello yogurt e per preparare la farinata di ceci. Una sorta di frittata vegana senza uova.

Farina di teff

farina di teff per celiaci

Ricavata da un chicco di dimensioni microscopiche, è una farina integrale adatta per la preparazione soprattutto di dolci. Ad esempio si usa per preparare ricette di paste brisée, frolle, biscotti, pancakes e pane gluten free, in cui può sostituire fino al 25% della farina totale.

Le calorie delle farine

“Annusare i libri…”

Per chi come me,ama il profumo dei libri è arrivato il profumo ispirato alle pagine dei volumi antichi..

Gli amanti dei libri conoscono la gioia di sfogliare un vecchio volume e sentirne il profumo mentre le proprie dita scorrano sulle pagine irruvidite dal tempo. Vi avevamo già raccontato i motivi per cui i lettori amano il profumo dei librinell’era degli ebook e di Internet, i lettori più nostalgici non rinunciano al fascino della carta stampata e ai piccoli grandi piaceri che solo i libri cartacei possono regalare. Da oggi è anche possibile spruzzare l’essenza dei volumi antichi direttamente sulla nostra pelle, grazie alle profumerie che ha prodotto il profumo al libro.

– Sweet Tea Apothecary L’odore del libro riesce a sprigionare un profumo di carta e malinconia, una combinazione romantica che sta conquistando i grandi appassionati delle biblioteche e della lettura. La carta, che proviene dagli alberi, contiene lignina, una sostanza simile alla vanillina e quando le pagine iniziano ad invecchiare rilasciano quell’odore caratteristico che tutti i lettori amano.

IL PROFUMO IN THE LIBRERY ..anche il profumiereCHRISTOFER BROSIUS  ha prodotto una linea di profumi che riproducono l’essenza dei volumi antichi… In the Library (letteralmente “nella biblioteca”) propone sopratutto profumi per la casa, che regalano ai lettori la sensazione di trovarsi sempre all’interno di una vecchia biblioteca.

 PAPER PASSION Anche il profumo Paper Passion racchiude al suo interno l’essenza dei libri, questa volta prendendo ispirazione dai volumi appena stampati.

I lettori che desiderano portare nella propria abitazione o sulla loro pelle il profumo che tanto amano, non hanno che da scegliere la fragranza che ispira loro di più, con la speranza che faccia venire voglia di leggere anche a tutte le persone che li circondano.

Buongiorno…

Voglio un amico/a che non si senta a suo agio in un mondo di furbi…

Non posso darti soluzioni
per tutti i problema della vita
Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori,
però posso ascoltarli e dividerli con te
Non posso cambiare né il tuo passato
né il tuo futuro
Però quando serve starò vicino a te
Non posso evitarti di precipitare,
solamente posso offrirti la mia mano
perché ti sostenga e non cadi
La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo
non sono i miei
Però gioisco sinceramente quando ti vedo felice
Non giudico le decisioni che prendi nella vita
Mi limito ad appoggiarti a stimolarti
e aiutarti se me lo chiedi
Non posso tracciare limiti
dentro i quali devi muoverti,
Però posso offrirti lo spazio
necessario per crescere
Non posso evitare la tua sofferenza,
quando qualche pena ti tocca il cuore
Però posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo.
Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere
Solamente posso volerti come sei
ed essere tua amica.

Jorge Luis Borges

” Minigonne… “

“Indossando la minigonna è come dire:wow,guardatemi,la vita è meravigliosa!”

Mary Quant

In un episodio di una serie carina ambientata negli anni sessanta si parlava dell arrivo della minigonna,una nuova moda che fa molto discutere,assieme alla sua creatrice,MARY QUANT e mi veniva da sorridere pensando a quanto oggi sia così normale vederla in giro che nessuno ci fa più caso.

In un certo senso anche questo è stato un passo verso l emancipazione della donna……e quante donne di genio abbiano aperto la strada…

«La moda non è qualcosa di frivolo; è parte del nostro modo di vivere», ha sempre affermato con convinzione Mary Quant. La stilista britannica è scomparsa la mattina del 13 aprile 2023, all’età di 93 anni, ma il suo contributo alla storia del costume resterà indelebile.

A lei va il merito di aver lanciato la minigonna, nonostante la sua invenzione sia stata attribuita allo stilista francese André Courrèges. Una querelle che in realtà non l’ha mai coinvolta – o sconvolta – più di tanto. «Non siamo stati né io né lui a inventarla – ripeteva a chi la interpellava sulla questione – ma le ragazze in giro per strada. Sono loro ad aver dato potere a questo capo».

Di certo le si deve riconoscere di aver fatto di questo indumento un vero e proprio emblema di femminilità e femminismo. Ma la rivoluzione portata avanti dalla Quant è andata ben oltre questo.

Nata in un sobborgo di Londra nel 1934 da genitori gallesi – entrambi professori della London University – rifiuta il futuro da insegnante che la famiglia le ha riservato e va via di casa, inseguendo il sogno di una vita bohemienne nella capitale inglese insieme ad Alexander Plunket Greene, suo compagno di studi al Goldsmith College. Rampollo di un’aristocratica famiglia inglese, diventerà suo marito e socio in affari.

Bazaar

Nel 1955 la coppia compra una palazzina in King’s Road, a Chelsea, e insieme all’amico avvocato e fotografo Archie McNair allestisce al piano terra dello stabile la boutique “Bazaar“, che ben presto diventa il punto di incontro di giovani artisti, registi e socialelite. Inizialmente i tre vendono capi scovati in giro o acquistati all’ingrosso ma non passa molto tempo prima che la Quant, delusa dall’offerta del mercato, decida di mettere alla prova le sue doti di stilista: frequenta corsi serali di taglio e cucito, studia modellistica e mette a punto le prime creazioni.

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Gli incassi giornalieri vengono impiegati per acquistare le stoffe che vengono a loro volta usate per creare nuovi capi durante la notte. Un approccio che, seppur estenuante, garantisce una gamma di modelli sempre aggiornati e a prezzi accessibili. Oltre agli abiti, a essere unica è anche l’esperienza d’acquisto: al Bazaar si può fare shopping fino a tardi, sorseggiare un drink e ascoltare buona musica.

È proprio nella boutique londinese che Mary Quant lancia la minigonna, dando il via a una vera e propria rivoluzione di stile che libererà le donne dalla moda perbenista di un’epoca segnata dall’austerità del dopoguerra. Il capo suscita non poche polemiche e diventa l’emblema della ribellione di un’intera generazione.

« “Non avevo il tempo di aspettare la liberazione delle donne, e così sono andata avanti da sola” dirà in un’intervista. »

A indossare i suoi modelli sono icone come Twiggy e Jean Shrimpton – che contribuiscono a trasformare la minigonna in un trend internazionale – ma anche celebri femministe come Germaine Greer e Gloria Steinem.

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La consacrazione definitiva arriva nel 1966 quando la stessa Quant la indossa a Buckingham Palace per ricevere l’onorificenza dell’Ordine dell’Impero Britannico dalla Regina per il suo contributo all’industria della moda. Intervistata dalla stampa dichiarerà: «Indossare la mini è come esclamare “Wow! Guardatemi, la vita è meravigliosa!

Oltre alla minigonna, tra le invenzioni della stilista ci sono anche gli hot pants, il maglione “skinny rib” – nato per gioco provando il pullover di un bambino di otto anni – e il reggiseno senza cuciture “booby trap”, prima vera incursione della lingerie nel mondo dell’abbigliamento. Tutto «all’insegna della libertà», ha ribadito in occasione della mostra che le ha dedicato nel 2010 il V&A Museum di Londra.

Mary Quant è stata inoltre la prima designer a sperimentare con il pvc, creando minidress effetto “bagnato”, giacche impermeabili e stivaletti antipioggia. Nel corso della sua carriera ha dato prova di essere anche una brillante imprenditrice: oltre ad aprire altri negozi a Londra, ha creato una linea più economica (la Ginger Group) per espandersi nel mercato di massa inglese, è approdata negli States disegnando collezioni per la catena di grandi magazzini JCPenney, ha fondato la sua azienda cosmetica – promossa attraverso beauty bus itineranti – ha lanciato una sua linea di bambole (le Daisy Dolls, “rivali” della Barbie) e una di calzature.

Alla fine degli anni ‘60 la creativa raggiunge un successo senza precedenti: si stima che oltre sette milioni di donne avessero almeno una delle sue creazioni nel guardaroba. «Ero troppo impegnata a lavorare duramente per avere coscienza di ciò che stava accadendo – ha scritto nella prefazione della sua prima autobiografia “Quant by Quant“, pubblicata nel 1967 (la seconda vedrà la luce nel 2012) “MA RIPENSANDO A QUEGLI ANNI MI RENDO CONTO DI COME SIA STATO MERAVIGLIOSO:POSSO RIFARE TUTTO DA CAPO;PER FAVORE?

“Stupore…”

Ieri ero a Viareggio,in Darsena,ad un chiosco che faceva pesce fritto….era pieno di gabbiani che sorvolavano il cielo in attesa di qualche bocconcino ed io ho gettato loro un po’ di quello che avevo nel piatto.All improvviso la banchina si è riempita di ali attirate dal cibo.Era una bellissima giornata piena di sole e lo spettacolo era fantastico….conclusione? Mia figlia mi ha sgridata perchè non voleva e quelli che erano intorno mi hanno guardato male…..allora mi è venuto da pensare…..ma com è possibile che nessuno si meravigli di tanta bellezza? Sono solo io che la vedo?Come si fa ad essere così indifferenti?Terribile…


Per me la vera ribellione è guardare un cielo azzurro fino a che l’identità non si sia disintegrata per la meraviglia.
(Fabrizio Caramagna)

Il nostro mondo non morirà per mancanza di meraviglia, ma unicamente per la mancanza del desiderio di meravigliarsi.
(GK Chesterton)